L’11 settembre e l’assassinio di Kennedy sono stati organizzati dalla Cia. I governi cercano di instupidire la popolazione con sostanze lanciate dagli aerei, le scie chimiche.
Ecco le principali teorie di chi è affetto dalla sindrome del complotto, quelle fantasiose spiegazioni alternative di eventi reali che li rappresentano come cospirazioni da parte di forze maligne e potentissime.
Spiegazioni a cui crede grossomodo una persona su quattro, gli affetti dalla sindrome del complotto.
Chiariamo subito: credere a queste teorie non è una cosa da pazzi. Tutt’altro: sono storie avvincenti, costruite in maniera ingegnosa, soddisfano in modo perfetto certi bisogni che in alcuni sono più pressanti che in altri.
Anche la psicologia ha provato a dare qualche spiegazione: per lo psicologo Viren Swami, è colpa dell’amigdala, una parte del cervello che ci fa reagire di fronte alle minacce.
L’incertezza e l’ansia per il futuro la rendono iperattiva, e questo spinge il cervello a un’incessante rianalisi delle informazioni a disposizione, nel tentativo di organizzarle in una narrazione coerente che ci faccia capire cosa sta succedendo, da chi siamo minacciati e come dovremmo reagire.
La sindrome del complotto è una passione totalizzante, chi sposa una teoria ha alte probabilità di credere anche alle altre, e per giunta si tratta di convinzioni granitiche.
Le teorie del complotto sono immune da ogni tipo di critica o smentita, anzi, riescono addirittura a utilizzarle per alimentarsi.
Le prove che contraddicono la teoria sono viste paradossalmente come atti di disinformazione dei cospiratori, quindi, prove del complotto stesso.
Se una cosa sembra una cospirazione, lo è. Se invece non sembra una cospirazione, allora lo è ancora di più, perché fa pensare che chi voleva coprirla abbia fatto bene il suo lavoro.
Come nasce la sindrome del complotto
Dall’ignoranza, o meglio da lacune nella comprensione di un evento o di un fenomeno. Sono narrazioni alternative costruite partendo dai dati che mancano dalle versioni ufficiali o che le contraddicono.
Come si crea un complotto
Si prendono anomalie irrilevanti, insufficienti da sole a dare una spiegazione ufficiale, e le incollano insieme in una narrazione quasi coerente, trasformandole in una cospirazione.
Credo che la sindrome del complotto sia nata con la prima missione sulla luna nel 1969. Ricordate le foto dei due astronauti che posero la bandiera?
Ebbene dietro quella foto c’è un’ombra che persiste a distanza di tanto tempo: è la strana teoria del complotto secondo la quale i due americani non sono in realtà mai sbarcati sul suolo lunare.
“Come fa la bandiera a restare dritta in assenza di vento o atmosfera“? I complottisti prendono indizi come la bandiera che sembra garrire sulla Luna, in assenza di vento o atmosfera.
In realtà la bandiera era stata fissata su una struttura a L rovesciata proprio per tenerla su. Ma nei blog complottisti nessuno ci crede.
Questo è uno degli articoli che li riassume: L’uomo sulla luna, ma ce ne sono molti altri se siete curiosi.
Il complotto cresce con internet?
Sul web, dove è facile far girare fandonie ma anche essere sbugiardati, la sindrome del complotto ha subìto una mutazione genetica: oggi tende ad essere più vagherà e meno circostanziate che in passato.
A sindrome del complotto ha un unico scopo: insinuare che qualcuno non stia dicendo la verità. E come ci riesce? Si limita a estrapolare ed evidenziare i punti critici delle versioni ufficiali di un evento, oppure utilizza i dubbi che scaturiscono da quei vuoti nelle comunicazioni, o dalle contraddizzioni di chi dovrebbe dare le spiegazioni e sanare i dubbi.
La coincidenza e la prova.
Quando gli eventi sono così importanti, ogni piccola coincidenza diventa «prova» a supporto della tesi cospiratoria.
Lo si vede soprattutto con la teoria dell’11 settembre come “inside job“: tante insinuazioni e allusioni alle lacune della versione ufficiale, ma poche spiegazioni davvero alternative.
Un’ altra teoria che si utilizza è che a causare eventi di grandi proporzioni siano entità altrettanto grandi.
Infatti da uno sondaggio, il 40% di newyorchesi e il 15% di italiani, crede che il governo Usa abbia avuto un ruolo attivo, o abbia saputo in anticipo e non sia intervenuto per fermare Al Qaeda.
Un oggetto di molte speculazione e un esempio lampante della coincidenza/prova è quella che comunemente soprannominata “umbrella man”, l’uomo ombrello.
Mentre la limousine di Kennedy si avvicinava, un l’uomo aprì e sollevò l’ombrello in alto, ( nonostante fosse una bella giornata), sopra la sua testa, poi girò o spostò l’ombrello da est a ovest (in senso orario) mentre il presidente passava accanto a lui.
Quante sono le probabilità che fosse casuale un evento così inspiegabile proprio nel luogo e nel momento dell’attentato?
L’uomo non fu identificato e non se ne trovò cenno nel report ufficiale stilato dal Congresso. Così qualcuno cominciò a pensare che fosse parte del piano per uccidere Kennedy.
Addirittura giornalisti Richard Sprague e Robert Cutler pubblicarono uno schema di un ombrello con canna da fucile incorporata.
La realtà era però un’altra. L’umbrella man era l’assicuratore Louie Steven Witt. Quel giorno stava inscenando una manifestazione di protesta, non contro Jfk ma contro il padre, Joseph Kennedy, ambasciatore in Inghilterra negli anni 30 e amico del premier Neville Chamberlain, colpevole di essere stato conciliante con Hitler. Il simbolo di Chamberlain era il suo inseparabile ombrello nero.
Ultimo sintomo della sindrome del complotto è quello che in psicologia è chiamato l’errore di attribuzione: la tendenza ad attribuire certi eventi alle caratteristiche personali degli altri e alla loro volontà piuttosto che al caso o a fattori esterni.
Si finisce così per pensare che esistano cure contro le malattie peggiori, ma che Big Pharma le tenga nascoste per continuare a lucrare sui farmaci. O che l’attuale crisi migratoria sia la conseguenza di un piano degli Usa per destabilizzare l’Europa.
Concludendo………
Attaccare i complottisti non serve, significa fare come loro: considerare errori comuni come la colpa di un dato gruppo di persone.
Ogni approccio dovrebbe essere orientato all’empatia e alla ricerca di una reciproca comprensione. Dal momento che lo scopo è permettere all’altra persona di sviluppare un’apertura mentale, un bravo comunicatore deve dare il buon esempio
Anche il tentativo di ridicolizzare rischia di essere automaticamente rigettato, così come l’intestardirsi a voler avere la meglio in una discussione.
Sono piuttosto il sano scetticismo, le prove e la coerenza delle argomentazioni, la corretta comunicazione gli ingredienti importanti di un modo di pensare più convenzionale, ma anche più utile a scoprire i tentativi d’ingannare l’opinione pubblica.
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